Se a teatro vogliamo essere quasi totalmente sicuri di imbatterci in una stecca del cantante o in un vuoto di memoria dell'attore o in chissà quale altro accidente scenico, allora dobbiamo assistere alla famigerata 'prima'.
Questo post vuole smontare la diceria secondo cui la migliore performance teatrale avviene alla prima, e lo faccio a ragion veduta e spiegando i motivi storici e sociali che hanno codificato questa grande fandonia.
C'è poco da fare, quando una compagnia di teatro inaugura uno spettacolo che va per la prima volta in scena, davanti a un pubblico pagante, tutti, ma proprio tutti, vanno in fibrillazione, ed è giusto che sia così, è naturale. Gli attori sono tesissimi e dietro le quinte, nei camerini, ognuno teme di scordare la propria parte. Molti di loro li vedi che ripassano soltanto la prima battuta, quella dell'avvio emotivo, perché se ricordi quella il resto dovrebbe andare da sè. Lo scenografo prega affinché gli 'spezzati' reggano o che i 'praticabili' non tradiscano. Gli orchestrali controllano in modo maniacale se gli spartiti sono in ordine, se le ance di ricambio sono a portata di mano... Eppure è stato tutto provato e riprovato, fino alla nausea. Niente da fare, ad una 'prima' l'emozione è talmente forte che, guarda caso, succede quasi sempre qualcosa.
E nel migliore dei casi? Magari non crolla una quinta e i cantanti non steccano, ma tutti gli artisti non dànno mai il meglio di loro stessi, ed è logico, gli attori sono tesi e, anche se non lo fanno vedere, nella loro testa c'è un pensiero fisso, una domanda ricorrente: 'cosa c'è dopo'? La naturalezza va a farsi benedire e il meccanicismo viene percepito anche dal pubblico, almeno da quello più avvezzo e scaltro. L'intera rappresentazione rischia sovente di non venire vissuta dagli attori con la serenità dovuta -seppur relativa-, ne consegue l'errore, anche di interpretazione, la distorsione di quella cadenza che si è provata per così tanto tempo.
Tutto ciò, ripeto, è assolutamente normale. Ma allora perché questo mito della 'prima'?
E' un'eredità lasciataci dalla 'buona creanza borghese' che per secoli ha imposto le sue regole anche al popolo (ma è chiaro che il popolo aveva ben altro a cui pensare, piuttosto che assicurarsi di avere le scarpe sempre lucide). Per non andare troppo indietro nel tempo, mi riferisco all'epoca dei fasti teatrali, all'Ottocento del 'Grand Opéra', alle 'soirées galantes', quando la ricca borghesia annoiata e con il ventre schifosamente pieno si faceva ammirare nei teatri lirici, sfoggiando perle caraibiche e gemelli d'oro. La 'prima' era la serata dei ricconi, è stata inventata per loro, era il salotto esclusivo. Tutte le altre repliche, man mano che si svolgevano, erano appannaggio dei ceti via via sempre meno abbienti. Il popolo affamato, naturalmente, non entrava mai in un teatro lirico, se non per ramazzare la cenere e lustrare i lumi (e questi poveracci erano già fortunati, infatti ci si poteva trovare anche qualche orecchino tra i fauteuils).
E siccome la società attuale è ancora legata a molte regole borghesi (spesso riproposte persino in tv, come l'uso del 'bon ton'), rimane ancora oggi questa falsa convinzione che ogni 'prima' teatrale sia la migliore, solo perché riservata a politici, industriali, banchieri, finanzieri, vescovi, generali, affaristi di oscura natura, puttane d'alto bordo... Ma va da sè che a gente del genere non interessava quasi nulla del gesamtkunstwerk di Wagner, quanto piuttosto a fare passerella e a mostrarsi nel palco di famiglia e in 'buoni rapporti con'. Uno squallore infinito che mi porta a dire che il vero teatro fosse piuttosto (ed è ancora) quello che avveniva al di là del proscenio e non già sulle sacre tavole di Diòniso.
Se invece volete godere appieno di uno spettacolo montato veramente bene, potete fare solo due cose: o vi fate dare un permesso per assistere alle prove generali che si svolgono sempre senza pubblico e a porte chiuse (la migliore performance in assoluto, secondo me, se siete degli esperti di teatro) , oppure andate almeno alla quinta replica!
Questo post vuole smontare la diceria secondo cui la migliore performance teatrale avviene alla prima, e lo faccio a ragion veduta e spiegando i motivi storici e sociali che hanno codificato questa grande fandonia.
C'è poco da fare, quando una compagnia di teatro inaugura uno spettacolo che va per la prima volta in scena, davanti a un pubblico pagante, tutti, ma proprio tutti, vanno in fibrillazione, ed è giusto che sia così, è naturale. Gli attori sono tesissimi e dietro le quinte, nei camerini, ognuno teme di scordare la propria parte. Molti di loro li vedi che ripassano soltanto la prima battuta, quella dell'avvio emotivo, perché se ricordi quella il resto dovrebbe andare da sè. Lo scenografo prega affinché gli 'spezzati' reggano o che i 'praticabili' non tradiscano. Gli orchestrali controllano in modo maniacale se gli spartiti sono in ordine, se le ance di ricambio sono a portata di mano... Eppure è stato tutto provato e riprovato, fino alla nausea. Niente da fare, ad una 'prima' l'emozione è talmente forte che, guarda caso, succede quasi sempre qualcosa.
E nel migliore dei casi? Magari non crolla una quinta e i cantanti non steccano, ma tutti gli artisti non dànno mai il meglio di loro stessi, ed è logico, gli attori sono tesi e, anche se non lo fanno vedere, nella loro testa c'è un pensiero fisso, una domanda ricorrente: 'cosa c'è dopo'? La naturalezza va a farsi benedire e il meccanicismo viene percepito anche dal pubblico, almeno da quello più avvezzo e scaltro. L'intera rappresentazione rischia sovente di non venire vissuta dagli attori con la serenità dovuta -seppur relativa-, ne consegue l'errore, anche di interpretazione, la distorsione di quella cadenza che si è provata per così tanto tempo.
Tutto ciò, ripeto, è assolutamente normale. Ma allora perché questo mito della 'prima'?
E' un'eredità lasciataci dalla 'buona creanza borghese' che per secoli ha imposto le sue regole anche al popolo (ma è chiaro che il popolo aveva ben altro a cui pensare, piuttosto che assicurarsi di avere le scarpe sempre lucide). Per non andare troppo indietro nel tempo, mi riferisco all'epoca dei fasti teatrali, all'Ottocento del 'Grand Opéra', alle 'soirées galantes', quando la ricca borghesia annoiata e con il ventre schifosamente pieno si faceva ammirare nei teatri lirici, sfoggiando perle caraibiche e gemelli d'oro. La 'prima' era la serata dei ricconi, è stata inventata per loro, era il salotto esclusivo. Tutte le altre repliche, man mano che si svolgevano, erano appannaggio dei ceti via via sempre meno abbienti. Il popolo affamato, naturalmente, non entrava mai in un teatro lirico, se non per ramazzare la cenere e lustrare i lumi (e questi poveracci erano già fortunati, infatti ci si poteva trovare anche qualche orecchino tra i fauteuils).
E siccome la società attuale è ancora legata a molte regole borghesi (spesso riproposte persino in tv, come l'uso del 'bon ton'), rimane ancora oggi questa falsa convinzione che ogni 'prima' teatrale sia la migliore, solo perché riservata a politici, industriali, banchieri, finanzieri, vescovi, generali, affaristi di oscura natura, puttane d'alto bordo... Ma va da sè che a gente del genere non interessava quasi nulla del gesamtkunstwerk di Wagner, quanto piuttosto a fare passerella e a mostrarsi nel palco di famiglia e in 'buoni rapporti con'. Uno squallore infinito che mi porta a dire che il vero teatro fosse piuttosto (ed è ancora) quello che avveniva al di là del proscenio e non già sulle sacre tavole di Diòniso.
Se invece volete godere appieno di uno spettacolo montato veramente bene, potete fare solo due cose: o vi fate dare un permesso per assistere alle prove generali che si svolgono sempre senza pubblico e a porte chiuse (la migliore performance in assoluto, secondo me, se siete degli esperti di teatro) , oppure andate almeno alla quinta replica!
3 commenti:
Buona giornata DYNAMITE mio amico!
Mate. Questo blog è sorprendente. Come faccio a far sembrare questo bene?
Ho voluto pubblicare qualcosa di simile sul mio sito e questo mi ha dato un'idea. Cheers.
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